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La previdenza integrativa su base territoriale: l’esperienza Laborfonds
Gestione finanziaria tra risk management e ricerca del rendimento, il nuovo orizzonte costituito da progetti allargati di welfare integrato, l’importanza dell’informazione e dell’educazione a scelte consapevoli: intervista a Ivonne Forno, Direttore Generale Laborfonds

Mara Guarino - @MaraGuarino

Si è tenuto la scorsa settimana il primo Consiglio d’Amministrazione 2017 Laborfonds, fondo pensione negoziale per i lavoratori dipendenti che operano nel territorio del Trentino-Alto Adige. Un’occasione utile innanzitutto per tirare le somme sulla gestione finanziaria del 2016, anno caratterizzato anche a livello internazionale da profondi sconvolgimenti politico-finanziari e grandi interrogativi, dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea con la Brexit alle elezioni presidenziali statunitensi vinte da Donald Trump.

Anche alla luce di questi elementi, il bilancio Laborfonds è positivo. Questi i numeri: il patrimonio complessivo del Fondo si avvicina ai 2,4 miliardi di euro, con la Linea Bilanciata che svetta con un miliardo e 900 milioni di euro e un risultato netto del +4,08%. “I risultati in generale dipendono dall’alto livello di diversificazione in portafoglio – commenta Ivonne Forno, Direttore Generale Laborfonds – “e indubbiamente anche dall’allargamento degli investimenti ai Paesi emergenti, secondo quanto previsto dalle linee tracciate dal decreto 166. Una buona soluzione con la quale siamo riusciti a tamponare i momenti in cui il mercato è stato sottoposto a situazioni di forte stress, riuscendo d’altra parte a cogliere tutte le occasioni che ci si sono prospettate nei momenti di rimbalzo”.

Come conciliare però gestione del rischio e ricerca del rendimento in un contesto economico-finanziario altamente instabile? “Il primo input” – spiega la Dottoressa Forno, con particolare riferimento alla linea con il maggior numero di aderenti, la Bilanciata – “è la massima attenzione nel preservare il capitale; ovviamente, è importante anche cercare il rendimento in presenza delle giuste condizioni. Sempre però con un’attenzione molto forte al profilo di rischio”. L’esperienza Laborfonds spinge comunque “a lavorare nell’ottica di un’implementazione dell’asset allocation che, in un contesto finanziario in cui i rendimenti sembrano quasi un miraggio da ricercare, i risultati possano arrivare anche ricorrendo a investimenti alternativi”. In fase di consolidamento, poi, investimenti in economia reale, come quello già realizzato nel 2015 in un fondo diretto di private debt focalizzato sul contesto locale del Trentino-Alto Adige. “Un investimento – precisa Forno – indubbiamente aiutato dal beneficio fiscale del credito d’imposta che, riducendo appunto l’impatto dell’imposta sui rendimenti, ha inciso positivamente sulle performance. Non solo, Laborfonds ha poi deliberato per il 2016 altri investimenti in economia reale, con riferimento particolare agli ambiti delle rinnovabili e dell’housing sociale; sono invece in fase di formalizzazione adesioni riguardanti fondi di private equity e infrastrutture.

Non solo gestione finanziaria, altro dato significativo è quello riguardante gli aderenti al fondo pensione che, nel caso di Laborfonds, ha vissuto nel 2016 un significativo incremento pari a 1500 unità in termini assoluti (già al netto di trasferimenti, fuoriuscite e iscritti che hanno chiesto il trattamento pensionistico), pari all’1,3% in termini percentuali. Importante in questo senso il passaggio a una strategia meno “passiva” – “termine forse un po’ forte”, precisa Forno, ma comunque descrittivo della voluta mancanza di aggressività messa in atto negli anni passati – e oggi orientata alla ricerca di adesioni attraverso un’informazione capillare sul territorio portata avanti attraverso assemblee, incontri e gruppi informativi in azienda, con simulazioni e case history personalizzate a seconda dell’interlocutore di riferimento.

Con un bacino di raccolta regionale, il tema della territorialità diventa centrale. “Sicuramente, l’essere un fondo territoriale dà valore aggiunto” spiega Ivonne Forno – nella misura in cui “l’aderente ha la possibilità di percepire il fondo come qualcosa a lui vicino, come un qualcuno con cui non ha alcuna difficoltà a interagire”. Se la vicinanza anche logistica all’aderente, è quindi un indubbio punto di forza dei fondi territoriali, va però d’altro canto segnalato che PIP e fondi aperti hanno comunque sul territorio una fitta rete di promotori e agenti che compensano il ‘bisogno di prossimità’ e la necessità di instaurare un rapporto fiduciario con il potenziale aderente. “Va considerato poi – precisa Forno – che molte casse rurali o banche locali stipulano accordi collettivi, così che l’aderente in alcuni casi non va nemmeno a perdere il contributo del datore di lavoro nell’eventualità sottoscriva il fondo aperto e, in una circostanza di questo tipo, vien da sé che l’unico elemento che va poi a distinguere, almeno per l’acquirente, fondo chiuso e fondo aperto diventano i costi”. Un fattore quest’ultimo cruciale, del resto, quando ci si rivolge a possibili iscritti, perché se i dati sui rendimenti sono sempre per forza di cose volti al passato e non necessariamente replicabili, i costi - più contenuti, nello specifico - rappresentano viceversa un punto di riferimento saldo e percepito sin dall’immediato come reale.

Davanti a una territorialità tanto radicata, perché non ipotizzare poi progetti di welfare integrato che vedano ad esempio anche il coinvolgimento di fondi sanitari di tipo territoriale? Anche in questo contesto, l’esperienza Laborfonds desta grande interesse, in particolare alla luce della nascita piuttosto recente, nella provincia di Trento, di un fondo sanitario locale. Progetti in corso e orizzonti da sviluppare, tenendo anche conto di quelli che sono i tempi tecnici di realizzazione (dettati inevitabilmente anche da politica e novità legislative): “I presupposti, così come i destinatari – racconta Forno – sono sostanzialmente gli stessi e diventa quindi scontato, oltre che corretto, in una logica di welfare integrato pensare che su certi aspetti si mettano a fattor comune le proprie esperienze, sviluppando sinergie con i fondi sanitari”. Non solo sanità integrativa, il welfare integrato deve però tenere conto anche delle prerogative dettate dalla recente normativa sui premi di produttività e l’interesse da parte delle aziende non manca. Per due ragioni basilari: “Innanzitutto, beneficiare delle agevolazioni fiscali e, in seconda battuta, perché c’è la consapevolezza che il proprio lavoratore può avere reale interesse nei confronti del welfare integrato in tutte le sue forme, dalla previdenza complementare all’asilo nido”.

Una riflessione, infine, sull’importanza del saper e sapersi comunicare correttamente, a maggior ragione nel contesto di una regione carica di sfumature linguistiche e culturali. “Anche il fatto di essere un fondo intercategoriale – osserva il Direttore Generale Laborfonds Forno – è del resto sì una ricchezza, ma al contempo una fonte di complessità”. Modificare approccio e modalità in base all’interlocutore diventa dunque una sfida importante da affrontare. Così come sfruttare adeguatamente tutti gli strumenti d’interazione disponibili, tra cui i social network, utili a divulgare in prima istanza contenuti di tipo informativo e divulgativo, che aiutino le persone a sviluppare una conoscenza di tutti gli strumenti della previdenza complementare. Un tema caro a Laborfonds, conclude Ivonne Forno, a prescindere da quella che sarà la decisione di iscriversi o meno da parte del potenziale aderente: solo essere pienamente informati e consapevoli aiuta del resto a compiere scelte che lo siano altrettanto.

Quelle: Il puntopensione e lavoro